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Poezii Romnesti - Romanian Poetry

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poezie [ ]

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de [GIACOMO_LEOPARDI ]

2004-05-07  | [Acest text ar trebui citit în italiano]    |  Înscris în bibliotecă de Adriana Camelia Silvia Popp



“Che fai tu, luna, in ciel? dimmi che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?”
[...]
Dimmi [...] a che vale
... la [...] vita,
... ove tende
Questo vagar mio breve”

“Abisso orrido, immenso,
[...]
È la vita mortale.
[...]
Se la vita è sventura,
Perché da noi si dura?

“...che vuol dir questa
Solitudine immensa?”

“Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale”


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“...Oh te beato,
A cui fu vita il pianto! A noi le fasce
Cinse il fastidio; a noi presso la culla
Immoto siede, e su la tomba, il nulla”


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“...dolor non sente
Chi di speranza è nudo?


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“Arcano è tutto,
Fuor che il nostro dolor”


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“E tu [...]
Vivi felice, se felice in terra
Visse nato mortal”


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“Che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro”


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“E il naufragar m’è dolce in questo mare”


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“A te la speme
Nego [...] anche la speme; e d’altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto”


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“...tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia”


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“E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore”


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“Nascemmo al pianto [...]
felicità non rise
Al viver nostro”


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“...doloroso
Io vivo, e tal morrò”


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“La vita all’uom non ha pregio nessuno”


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“...ahi, ma nel petto,
Nell’imo petto, grave, salda, immota
Come colonna adamantina, siede
Noia immortale, incontro a cui non puote
Vigor di giovanezza, e non la crolla
Dolce parola di rosato labbro,
E non lo sguardo tenero, tremante,
Di due nere pupille, il caro sguardo,
La più degna del ciel cosa mortale”


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“O natura, o natura.
Perché non rendi poi
Quel che prometti allor? perché di tanto
Inganni i figli tuoi?”


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“...la morte è quello
Che di cotanta speme oggi m’avanza”


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“Tanto alla morte incline
D’amor la disciplina”


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“Or poserai per sempre,
Stanco mio cor. Perì l’inganno estremo,
Ch’eterno io mi credei. Perì.”


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“Amaro e noia
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo”


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“Al gener nostro il fato
Non donò che il morire”


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“Ma la vita mortal, poi che la bella
Giovinezza sparì, non si colora
D’altra luce giammai, né d’altra aurora.
Vedova è insino alla fine; ed alla notte
Che l’altre etadi oscura
Segno poser gli Dei la sepoltura”


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“Non ha natura al seme
Dell’uom più stima o cura
Che alla formica”

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“La mia inclinazione non è stata mai d’odiare gli uomini, ma di amarli”


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“Nessun bene si può avere al mondo, che non sia accompagnato da mali della stessa misura”


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“La morte non è male: perché libera l’uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desiderii. La vecchiezza è male sommo: perché priva l’uomo di tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti; e porta seco tutti i dolori. Nondimeno gli uomini temono la morte, e desiderano la vecchiezza”


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“Le cose che tu non vuoi che si sappia che tu abbi fatte, non solo non le ridire, ma non le fare”


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“Il mondo è simile alle donne: con verecondia e con riserbo da lui non si ottiene nulla”


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“Nessun maggior segno d’esser poco filosofo e poco savio, che voler savia e filosofica tutta la vita”


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“Gli uomini sono miseri per necessità, e risoluti di credersi miseri per accidente”


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“Nessuna qualità umana è più intollerabile nella vita ordinaria, né in fatti tolleratat meno, che l’intolleranza”


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“L’uomo è condannato o a consumare la gioventù senza proposito, la quale è il solo tempo di far frutto per l’età che viene, e di provvedere al proprio stato; o a spenderla in procacciare godimenti a quella parte della sua vita, nella quale egli non sarà più atto a godere”


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“Gli uomini si vergognano, non delle ingiurie che fanno, ma di quelle che ricevono”


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“Il mondo è, come le donne, di chi lo seduce, gode di lui, e lo calpesta”


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“Nulla è più raro al mondo, che una persona abitualmente sopportabile”


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“Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo”


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“Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere, è di non trapassarli”

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